Sono lontani i tempi
gloriosi delle vittorie in Italia, in Europa e nel mondo, dove una squadra
zeppa di campioni italiani e stranieri lottava per i massimi traguardi
calcistici, dallo scudetto alla coppa dei campioni.
Pensare cos’è il Milan
oggi e confrontarlo con quello del recente passato fa rabbia, quante
possibilità avrebbero gli attuali difensori di vedere il campo al cospetto di
campioni quali Tassotti, Baresi, Costacurta, Maldini, Filippo Galli o Nesta?
E i centrocampisti al
cospetto di Donadoni, Rijkaard, Ancelotti, Evani, Boban, Albertini, Desailly,
Gattuso, Pirlo, Seedorf?
Per concludere con gli
attaccanti, raffrontati a Van Basten, Gullit, Massaro, Weah, Savicevic,
Shevchenko, Kakà e Inzaghi?
E’ ingeneroso anche
solo pensare a un raffronto, da un lato campioni che non solo hanno vinto
tanto, tantissimo, ma soprattutto hanno insegnato il concetto di squadra e bel
calcio a livello internazionale con continuità, dall’altro la situazione
attuale…dove termini quali “gioco del calcio” e “squadra di calcio” sembrano
parodiati.
Si obietterà che dopo
tanti anni di successi è inevitabile che vi siano periodi grami, dove vittorie
e trofei latitano, ed è vero, questo il tifoso lo capisce e lo accetta, sa che
niente è eterno, non lo sono le vittorie e non lo sono i giocatori più vincenti
o più amati, per questo la gioia dei momenti felici esplode in tutta la sua
intensità, perché si sa che è effimera, legata al momento. Dal Milan di Sacchi
a quello di Ancelotti, passando per quello degli “immortali” di Capello, in tutti
questi cicli calcistici vi sono stati
picchi di vittorie e successivi declini, questo il tifoso lo capisce e lo
tollera.
Ma ciò che sta
accadendo ora al Milan trascende questa situazione, l’ultimo grande trofeo internazionale
è stata la vittoria della Coppa Intercontinentale nel dicembre 2007, mentre in
Italia si deve ritornare al mese di agosto 2011 con la vittoria della
Supercoppa italiana.
Il palmares è vuoto da
tempo, non solo, la squadra in questi anni non ha mai dato neppure l’illusione
di poter concorrere per la vittoria di alcun trofeo, italiano o internazionale
che dir si voglia.
Le ultime due stagioni hanno
fatto detonare una situazione sempre più incandescente che dalla società e
dalla proprietà, si ripercuote sulla squadra e più in generale sull’intero ambiente
rossonero.
Da troppi anni a questa
parte non esiste la benché minima programmazione societaria, e non per una
mancanza di liquidità, ma soprattutto per una mancanza di capacità e volontà
negli uomini al vertice della società: Berlusconi e Galliani.
Ad eccezione
dell’ultima sessione di calciomercato, comunque errato perché dispendioso e
scriteriato al tempo stesso, il Milan pur essendo per ricavi la seconda società
calcistica in Italia, per diversi anni non ha fatto mercato per una mancanza di
denaro, ragion per cui, si è dato a bere ai tifosi il fatto che la società è
stata obbligata a vendere i suoi migliori giocatori per fare cassa e
contestualmente abbassare il monte ingaggi.
Da qui si entra nel ginepraio-Milan,
con un “padrone”, Silvio Berlusconi, in tante altre faccende affaccendato e, di
fatto, disinteressato al Milan ma intento a economizzare il più possibile da
una sua vendita. Tanto quel che poteva ottenere col Milan lo ha ottenuto, ossia
una visibilità, un’immagine di vincente e una considerazione internazionale che
senza la squadra di calcio A.C. Milan si sarebbe soltanto potuto sognare. Sulle
vittorie calcistiche della squadra ha costruito la sua fortuna mediatica e, di
riflesso, politica, in Italia e all’estero.
Tramite il Milan, Berlusconi
ha sfamato a dovere il suo ego, sino alla sensazione di onnipotenza. E’
doveroso e onesto dire una sacrosanta verità: è il Milan ad avere fatto grande
lui, non viceversa! Il Milan era già un club e un marchio conosciuto a livello
internazionale, grazie a calciatori come Rivera, Sormani, Hamrin, Cesare
Maldini, il trio svedese Gre-No-Li, Trapattoni, ad allenatori inarrivabili come
Rocco e Liedholm, al fatto di essere stata la prima squadra italiana ad avere
messo in bacheca la coppa dei campioni e ad avere avuto il primo giocatore
italiano premiato con il pallone d’oro: Gianni Rivera.
Il Milan era già IL
MILAN!
Con Berlusconi sono aumentati
i trofei, rinverditi gli antichi fasti del passato, ma soprattutto ne ha avuto
lustro lui personalmente, come immagine vincente che ha speso ovunque, in
primis in politica.
L’attuale caos
societario ha visto contendersi il ruolo di Amministratore Delegato tra il fido
Galliani con la figlia Barbara, un duello solo mediaticamente taciuto e rimesso
in carreggiata, dando competenze più sul versante tecnico a Galliani e più di
marketing a Barbara, ma che, complice i risultati ignominiosi della squadra,
nei mesi a venire potrebbero riemergere impetuosi come un fiume carsico con
conseguenze negative più probabili per
Galliani.
Da anni la politica
tecnica della società, da Berlusconi a Galliani, a parole, è quella di
valorizzare i giovani e la squadra primavera per costruire uno zoccolo duro di
giocatori italiani, o comunque fatti in casa, da far transitare in prima
squadra; tuttavia le belle parole sanno di gran presa in giro in quanto vanno a
cozzare con la triste realtà che ha visto negli ultimi anni la squadra essere
assemblata a casaccio con giocatori a parametro zero o trentenni svincolati ai
quali però pagare un oneroso ingaggio, che poi grava pesantemente sul bilancio
della società. Elencare i giocatori immeritevoli di indossare la maglia del
Milan sarebbe un esercizio noioso per il lettore e doloroso per chi scrive,
tuttavia giova rimarcare che quando i soldi sono stati messi a disposizione si
è acquistato un attaccante ventottenne riserva della Juventus (leggi Matri) per
dodici milioni di euro!
E l’ipocrisia della
politica dei giovani sta nel fatto che negli ultimi anni l’unico giocatore che
dalla primavera del Milan è giunto in prima squadra è De Sciglio, e prima di lui
bisogna risalire addirittura a inizio anni Novanta con Albertini!
E che dire dell’estate
2014 quando, per fare cassa, si è venduto per sei milioni di euro uno dei più
promettenti giovani centrocampisti (Cristante) per poi prendere in prestito per
un solo anno dal Chelsea un ectoplasma chiamato Van Ginkel?!
Che qualcosa in società
non vada si ravvisa anche tornando con la mente a un anno e mezzo fa, con la
cacciata di Allegri e la panchina affidata a Seedorf il quale, con una squadra scarsa, fece nel
girone di ritorno meno punti solo di Juve e Roma, ma che, inopinatamente e
senza dare motivazioni alcune ai tifosi, fu messo alla porta per far spazio
all’inesperto, ma da tempo pupillo di Galliani, Pippo Inzaghi.
Così quello che poteva
essere un rinnovamento societario serio e moderno, si è capovolto in una
restaurazione del “condor” Galliani, capace di fare mercato solo acquistando
giocatori a parametro zero, o trentenni svincolati, oppure, come nell’ultima
sessione di mercato, tessere trattative solo grazie ai suoi “buoni uffici” con
gli altri Presidenti delle squadre di calcio, piuttosto che con influenti
procuratori.
Così non si costruisce
nulla, non si programma nulla ma, nella fattispecie, si consegnano agli
allenatori un qualcosa più simile ad un Frankenstein che ad una squadra di
calcio.
La scorsa stagione si è
andati ben oltre il ridicolo, con una posizione in classifica vergognosa, un
gioco inesistente e giocatori che il Milan ha deciso per i più diversi motivi
di cedere ad altre squadre che tornano a farsi valere (vedi Torres e Matri),
oltre alla constatazione che Max Allegri, l’allenatore della squadra campione
d’Italia, vice-campione d’Europa, vincitrice sia della Coppa Italia che della
Supercoppa Ialiana, è proprio colui che il Milan scaricò con arroganza un anno e
mezzo fa.
E ancora, constatare
che negli ultimi decenni la fascia di capitano l’hanno portata al braccio
Gianni Rivera, Franco Baresi, Alessandro Costacurta, Paolo Maldini, e vederla indossata
da Muntari e Montolivo…questo è troppo!
La situazione è
difficile perché senza programmazione e navigando a vista, per il Milan si
prospettano ancora diverse stagioni calcistiche irte di difficoltà, a meno che
non succeda qualcosa che modifichi l’assetto societario, con l’uscita di scena
del padrone, Silvio Berlusconi, e del suo fido Adriano Galliani.
Questa è l’unica e
l’ultima speranza per i tifosi rossoneri, perché di questo passo rabbia e
delusione andranno a rovinare persino i positivi e glorioso ricordi degli anni
passati. Berlusconi e Galliani dovrebbero essere così “umili” (sigh!) da capire
che nella vita nulla è eterno e che c’è un tempo per ogni cosa, non si è
immortali, si può far bene per un certo lasso di tempo, poi bisogna cedere il
passo. Capire di essere arrivati al capolinea di un certo percorso, di vita,
professionale o politico, è segno di maturità e saggezza, ma temo che ai tifosi
rossoneri non sarà risparmiata l’agonia come lo è stato per i cugini
neroazzurri, il cui patron, Massimo Moratti, ha saputo lasciare al momento
giusto, quando ancora considerazione e affetto erano al massimo livello, non
sbiaditi da rancore e critiche.
Purtroppo l’arrogante
onnipotenza che traspare dalle dichiarazioni e dai comportamenti dei due
influenti reggitori del Milan non lasciano presagire nulla di buono per il
futuro, ma di questo Berlusconi, così attento alla propria immagine di vincente
si dovrebbe preoccupare. Perché in Italia il pallone è una cosa seria, al cui
confronto la politica è roba per lattanti, e se si può ingannare il
cittadino-elettore per decenni con clamorose giravolte politiche, dichiarazioni
menzognere, e comportamenti squallidi; altrettanto non lo si può fare con la
fede calcistica.
Ricordando ciò che
disse tempo addietro il grande Winston Churchill, “gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono
le guerre come se fossero partite di calcio”,
è paragonabile a un peccato e considerato reato di lesa maestà ingannare il
cittadino-tifoso, quanto facile e di ruotine ingannare lo stesso
cittadino-elettore.
A questo punto non
resta che sperare in un cambio di proprietà, con nuove figure dirigenziali e
dello staff tecnico che, con una precisa idea tecnica, possano ricostruire una
squadra dapprima credibile e poi vincente.
In mancanza di ciò
meglio immergersi su YouTube a guardare le gesta dei Milan del passato e dei singoli
giocatori che ci hanno deliziato con le loro vittorie e i loro gesti tecnici. Un
amarcord in grado di lenire, seppur momentaneamente, il dolore.
Roberto Locatelli
Tratto da IL SUSSIDIARIO del 23/09/2015
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