"Il patriottismo è l'ultimo rifugio dei mascalzoni"
Samuel Johnson


sabato 1 marzo 2014

IL BERLUSCHINO PRALINATO

Quando Renzi si affacciò sulla scena politica nazionale mi colpì, era un mio coetaneo che sfidava la nomenclatura del suo partito, senza mettersi in scia a nessun potente di turno, diceva peste e corna di un certo modo d'intendere e fare la politica, a destra come a sinistra (nel suo caso soprattutto a sinistra) volta solo al ladrocinio, al chiacchiericcio, al pettegolezzo, all’autoreferenzialità, alla baruffa, ma alla più totale inconcludenza.
Che dire poi della sfida generazionale che lanciò in seno al suo partito, quando disse che era stanco di continuare a sentir dire da lorsignori ex-sessantottini che erano la "meglio gioventù", e che anche la nostra generazione voleva poter fare e valere.
Lo confesso, mi colpì, e lo vedevo come un qualcosa di nuovo che nasceva nella politica italiana, ma ciò che è successivamente emerso mi ha fatto cambiare completamente idea.
Pur essendo già sindaco di Firenze, ha bramato sino all'ossessione per ottenere la segreteria del PD, dapprima risultando sconfitto alla sfida finale con Bersani nel dicembre 2012, successivamente continuando a pungolare cinicamente il proprio segretario politico e candidato Premier, noncurante delle difficoltà nelle quali si dibatteva, comportandosi come una belva che sente l'odore del sangue della propria preda ferita, si è fiondato su di lui, eliminandolo politicamente e ottenendo nuove elezioni primarie per la segreteria del PD.
Nel frattempo nuovo Premier è diventato Enrico Letta, definito il "nipote vecchio dello zio giovane", a testimonianza della parentela con lo zio Gianni, braccio destro del leader PdL Berlusconi.
Ma era anche un Premier giovane per il target italiano, aveva cinquant’anni, di chiara scuola democristiana, avvezzo alla politica, con un comportamento dignitoso, un modo di fare e parlare più che istituzionale, direi persino curiale. Un deciso passo in avanti rispetto al clownesco settuagenario Berlusconi, deriso in Italia (poco) e all’estero (molto) per i suoi comportamenti e i suoi modi da adolescente demente e pervertito.
Ma a Renzi la cavalcata alla leadership del partito non bastava più, nei mesi precedenti alla sua scontata elezione a segretario del PD ha continuato a provocare Enrico Letta, proprio sodale politico e Premier, fiutandone le difficoltà ha visto bene di sbruffoneggiare con un profluvio di dichiarazioni si in merito all’operato del governo, sia ai provvedimenti che a suo dire dovevano essere adottati.
Dal secondo semestre del 2013 Renzi ha mostrato il suo vero volto, quello di un abile e temibile arrivista, che non si fa scrupoli nel bacchettare, denigrare e pugnalare anche i propri colleghi di partito se questi occupano poltrone a lui papabili, in spregio sia a valori di sano “cameratismo” politico, sia a valori nel senso proprio del termine: lealtà, amicizia, onestà.
Oltretutto, colui che pensavo fosse una germinazione spontanea della società civile che, senza padri né padrini politici, sfidava l’establishment del proprio partito per portare nuova linfa non solo in termini anagrafici ma soprattutto nelle idee, in realtà si scopre che qualche contatto e spinta l’ha avuta, ma dal partito che dovrebbe essergli avversario. Ormai sono cronaca i contatti e i legami che negli anni ha avuto con Denis Verdini, plenipotenziario (e plurinquisito, ma questo può essere un titolo di merito le PdL-FI) di quel Silvio Berlusconi, dal quale sembra aver preso assimilato tutto.
E dopo aver disarcionato e sostituito Enrico Letta nel ruolo di Premier, ha mostrato un altro lato poco nobile nell’arte della politica nella costruzione della squadra di governo, dove si è passati dal cosiddetto “manuale Cencelli”, dove si bilanciavano gli incarichi pubblici in base al peso dei partiti o delle singole correnti in seno alla DC, al “manuale Renzi”, con i ruoli ministeriali equilibrati in modo tale da soddisfare lobby (Coop, Confindustria, CL), media (50%uomini e 50% donne), con una strizzatina d’occhio anche al Quirinale (no a Gratteri alla Giustizia) e all’opposizione (la presenza tutt’altro che casuale di Guidi, Costa e Ferri).
Con buona pace della novità in politica, la metamorfosi dell’inciucio politico è servita, per il “fare” ci saranno tempi e modi di là da venire, l’importante è avere imparato bene la lezione del proprio docente politico Berlusconi: saper imbonire, saper comunicare!


Locatelli Roberto










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